Cos’avevo scritto solo pochi giorni fa? Che volevo stare bene, godere il momento certa che prima o poi sarebbero arrivati tempi migliori, mi pare o giù di lì. I soliti buoni propositi cui non so mantenere fede.
Di nuovo sono stata travolta da un’altra crisi, una di quelle che non vivevo dai bei tempi andati del buon Walter, di quel Lui modicano, del Gay, di quegli uomini che in cuor mio sentivo di amare e che mi hanno fatta a pezzi. Ho pianto di nuovo come non succedeva da tempo, lacrime che si erano raccolte in due borse nascoste e che stamattina si sono rovesciate dagli occhi.
Potessi almeno dire che è tutta colpa dell’Uomo e della sua incapacità di risolversi, forse mi sentirei meglio, saprei a chi dare la colpa di questo stato d’animo. Ma non è così semplice, non è affatto così, non è da lui che dipendono i miei stati d’animo. La sua assenza non fa altro che portarmi a riflettere sulla mia vita. Io sono peggio della sorella di mia madre. Lei, per quanto abbia un carattere di merda, per quanto sia stata invidiosa e gelosa delle altrui fortune, almeno una cazzo di amica è riuscita a mantenerla. Io neanche questo. Io neanche questo. Neanche questo. E mi ritrovo da sola ad affrontare le sere d’inverno, l’assenza dell’uomo, la crisi che c’è in atto, senza avere nessuno con cui parlare, neanche lui.
Ti stai allontanando, ma ti prego stammi vicino, avrei tante cose da dirti, ma non aggiungo altro, tu sai tutto…
Ecco cosa mi scrive lui. Io non riesco a stargli vicino. Come si può stare vicino ad un uomo che puntualmente ogni sera, dal lunedì al venerdì, alle otto va via? Come posso stargli vicino se ora passiamo sempre meno tempo insieme? Come posso fare se poi ci sono anche i giorni festivi in cui non riusciamo a sentirci al telefono?
11 mesi aveva detto. Ma poi c’era la cresima di suo figlio, il compleanno, le ferie estive, l’inizio della scuola, il momento giusto che non arrivava mai, anzi quello poi è arrivato con il mio biglietto per il viaggio a Cuba e di lì la catastrofe, le crisi, i dubbi, si certo, perchè io non sono equilibrata, io potrei cambiare idea da un momento all’altro, e allora forse è meglio mettersi al sicuro e comprare una casa, e fino al giorno dell’atto non si può affrontare nessun altro discorso, così aspetto, mentre arriva natale, capodanno, sabato e domenica, il ponte dell’epifania, sempre trascorsi rigorosamente da sola, mentre lui sta a casa con al sua famiglia e mi manda messaggi in cui dice che si annoia, che lei lo bracca, che vorrebbe essere con me, ma prima però bisogna sistemare la nuova casa, prima di poter affrontare di nuovo il discorso con lei. Così si fa largo in me quella brutta sensazione di non essere abbastanza, nonostante le sue dichiarazioni in senso contrario.
Non è un j’accuse questo. Sono i miei pensieri. In 10 mesi tanti discorsi sarebbero potuti essere affrontati, parlare con suo figlio, cercare di chiarire, sistemare o distruggere tutto per sempre. Si temporeggia invece, perchè io non sono abbastanza, io lo spavento, forse più di sua moglie. Io non verrò scelta. Non parlo da Sfinge, sono solo una donna stanca, terribilemente stanca di questa solitudine senza fine, del barlume sempre più tenue di una vita felice, della gente che ti porta via tutto, dei colleghi che ti sorridono e ti abbandonano, dei sorrisi di circostanza, delle promesse, di quello che desidero e non c’è.
Se così deve essere la mia vita allora che inizi di nuovo e presto, io non ci credo più nella felicità. Sono sola anche oggi, lo sarò domani e sempre. Io non ci credo più.